lunedì 5 maggio 2008

E sem partì

La mattina di inizio agosto in cui lasciai casa mia, per andare a prendere il dutùr, ed incominciare l'avventura, la ricordo ancora molto bene.
Mi ero congedato dall'abitazione con più formalismi del solito.
Avevo salutato mentalmente alcuni oggetti domestici come si saluta chi si immagina di rivedere chissà dopo quanto tempo. Dove chissà quanto tempo poteva essere dopo due settimane, due mesi, due anni, o forse mai.
Nonostante fosse mattina presto non avevo sonno, del resto la notte non ero riuscito a dormire tranquillo.
Fin da quando ero bambino infatti, la notte precedente ad una partenza non l'ho mai passata tranquilla. Quella mattina quindi ero ben sveglio, accompagnato dal mio costante sottofondo d'ansia, fedele compagno, salii in macchina e feci rotta verso Bergamo.
Per l'occasione avevo preparato anche un cd, con musica a mio modo di vedere rigorosamente da viaggio, e ricordo che il primo brano non poteva essere più azzeccato: "e semm partì" di Davide Van DeSfroos.
Ogni viaggio che si rispetti ha la sua colonna sonora, la quale non ha soltanto il compito di accompagnarti lungo il tragitto, ma come un registratore associa immagini ed emozioni ad un suono, così che faccia presa più forte nella nostra memoria.
Ad oggi infatti, passati cinque anni, quando mi capita di ascoltare una delle canzoni contenute in quel cd, ecco che la mia mente si sposta immediatamente su ricordi di accadimenti risalenti a quel viaggio, con tutto il pacchetto di nostalgia che ne consegue.
Quel periodo dell'anno, ovvero i primi di agosto, è uno dei rarissimi momenti in cui l'autostrada milano bergamo è percorribile in maniera umana, ovvero senza che per fare poco più di trenta chilometri sei costretto a impiegare più di un'ora.
Infatti in meno di quaranta minuti arrivai a casa del dutùr, che mi aspettava già di fianco all'audi verde bottiglia, con il suo bagaglio già caricato.
Giusto il tempo di parcheggiare la mia carretta in un punto in cui non passasse il lavaggio strada, e dopo pochi minuti eravamo già in autostrada, direzione Venezia.
Non eravamo partiti nemmeno da mezzora, e già eravamo fermi al primo autogrill. Menu mattina di rito, pieno all'automobile e di nuovo on the road.
I t.i.r. snocciolati in fila indiana come stanchi pachidermi, li superavamo uno dopo l'altro, con noi dietro a fantasticare sulle loro targhe di provenienza ( o di destinazione, chissà ) dicendoci che stavolta anche noi eravamo in competizione con loro quanto a numero di chilometri che avremmo percorso.
Al casello di Mestre i primi problemi di traffico, e la cosa non ci aveva molto sorpreso, in effetti.
E' un prezzo che si sa va pagato, quando si decide di passare da quelle parti, e uno come me che ha speso parecchie estati in macchina in Croazia, lo sa bene.
Lasciato alle spalle l'ingorgo chioggiotto, in poco tempo siamo proiettati sulla Udine - Tarvisio. Autostrada molto suggestiva, a mio modo di vedere, e anche abbstanza sgombera di macchine.
Si era già fatta l'ora di pranzo, e la fame aveva iniziato a farsi sentire. La decisione però era stata quella di attendere l'ingresso in Austria per rifocillarsi. E così fu.
L'aspetto dell'autogrill evidenziava in maniera molto più marcata il fatto di avere lasciato l'Italia, di quanto non lo facessero i resti di una vecchia garritta di frontiera, che da quando è stata "fatta" l'europa è stata abbandonata alle intemperie, con i bacarozzi che prendevano pian piano il posto delle assonnate guardie.
Piazzola di sosta immersa nel verde, pulizia dentro e fuori la struttura e possibilità di pernottare in comode stanze. L'unica cosa che faceva un pò rimpiangere il cosiddetto bel paese era il cibo. Ma una cotoletta "viener style" ed una birra di Baviera, seduti sotto un bel pergolato di glicine, ci aveva assolutamente rifocillato e rimesso in pace con il mondo ;)
La voglia di entrare nell'europa cosiddetta dell'est, ovvero in Slovacchia, ci ha fatto anche rinunciare al consueto sigarro post-prandiale.
Salimmo in macchina, e ad una discreta velocità facemmo proseguimmo il nostro cammino verso Vienna.
Piano piano il traffico aumentava, e mano a mano che ci si avvicinava alla capitale austriaca, aumentavano anche le costruzioni di cemento che andavano lentamente a sostituire le verdi vallate austriache che ci stavamo lasciando alle spalle.
Rapidamente ci trovammo immersi nel traffico, che indipendentemente dal paese in cui ti trovi è sempre abbastanza sfinente, soprattutto per il fatto che si erano fatte circa le 15 del pomeriggio, ed erano quindi ormai parecchie ore che si era in macchina.
Abbandonate le tangenziali di Vienna scopriamo che nostro grande piacere che il confine con la Slovacchia dista non più di una ottantina di kilometri.
Questo significava che in meno di un'ora avremmo estratto per la prima volta il passaporto per entrare nel mitico "est europa".
Quando dall'italia si prende un aereo per una destinazione europea è tutto diverso. Si sale, ci si fa il segno della croce o si tocca ferro, a seconda delle credenze, e in poco tempo ci si trova catapultati nell'aeroporto di destinazione.
Sembrerebbe non manchi nulla. Invece manca una cosa fondamentale: il viaggio!
Il mutare del paesaggio, chilometro dopo chilometro è una sensazione magnifica, per chi ama i viaggi in macchina, e i voli low-cost o meno che siano non potranno mai supplire.
E così noi, abituati ai trasferimenti aerei, prenotati all'ultimo minuto il venerdì sera prima di uscire dall'ufficio, ci immaginavamo, all'ingresso in Slovacchia, di ritrovarci immediatamente immersi in un contesto di est europa, almeno quello in accordo con il nostro immaginario.
Ovviamente non fu così. Il passaggio è dolce. Un pò meno dolci erano le facce degli sbirri slovacchi in frontiera.
" Motivi del viaggio ? "
" Tu - tu - turismo, turismo ! ".
Un veloce timbro al passaporto e via, rotta verso Bratislava.

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